Mozart minore

La grande musica poco nota – das ist der dumste Brief den ich in meinem leben geschrieben habe; aber für Sie ist er Just recht.

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Unbelievable, but is it Mozart? (undicesima parte)

Pubblicato da krausmario in novembre 21, 2018
Pubblicato in: -. Tag: Eberhard Buschmann, Einstein, Johann Simon Hermstedt, Quartetti per archi, serenate. Lascia un commento

Segue da quest’articolo, “Una serenata per i boschi“.

Ed eccoci, finalmente, a un vero inedito offertoci dal Consortium Classicum, dopo svariate ore di trascrizioni apocrife e frugamenti nelle appendici del Köchel: tre frammenti per ottetto di fiati che lo stesso catalogo si premura di presentarci nella sua sezione principale. Parliamo della Marcia KV 384b, della Chaconne KV 384B e del Minuetto KV 384c: non è più neppure il caso che vi si dica di stare attenti alle sigle, tanto (se siete mozartiani de fero) ci siete abituati.

Se aggiungiamo che KV 384a è in realtà il numero nuovo attribuito alla Serenata per fiati in do minore KV 388, si capisce bene che i tre pezzettini suddetti sono stati avvicinati a un gigante e datati alla fine di luglio 1782, per l’appunto l’epoca in cui fu composto quel tenebroso capolavoro. Forse, azzarda il catalogatore, si tratta di abbozzi che poi sono stati scartati in favore dei movimenti definitivi delle Serenate KV 388 e 375.

Non ci crederete, ma solo i primi 8 secondi (videlicet le prime 4 battute) sono di Mozart. Il resto è stato completato da Eberhard Buschmann. Va un po’ meglio (nel senso che almeno nel prossimo caso abbiamo 18 battute autografe bell’e pronte) con il KV 384B, accostato da Alfred Einstein al KV 388, forse perché è di gran lunga il pezzo migliore dei tre:

Chiudiamo in allegrezza con il KV 384c, altre 16 battute che sono state accostate, loro malgrado, ai modesti divertimenti App. C 17.01 e 17.02. Tuttavia, l’organico e la tonalità (si bemolle) sono gli stessi della marcia precedente. Il dilemma è aperto:

A completamento del 6° CD, dopo il simpatico intermezzo finalmente autentico, abbiamo un nonetto ricavato dal magico Quartetto in mi bemolle KV 428, che il clarinettista Johann Simon Hermstedt doveva aver ritenuto adattissimo agli strumenti a fiato. Ecco cos’è uscito fuori:

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1790, ovvero silenzio in sala – Quattordicesima parte

Pubblicato da krausmario in novembre 20, 2018
Pubblicato in: -. Tag: fantasie, Konstanze Weber, organo. Lascia un commento

Segue da quest’articolo (Superata la crisi!).

Ultima fatica dell’anno più travagliato per la produzione mozartiana è una Fantasia per organo meccanico (KV 594). Se la composizione del precedente Quintetto per archi doveva almeno avere il fascino del nobile organico cui era destinato (e il signor Boccherini, sul suo profilo Facebook settecentesco, avrebbe certamente approvato l’elemento), sappiamo dalla viva penna di Mozart che questa commissione non gli era punto gradita perché lo strumento su cui avrebbe dovuto essere eseguita la fantasia era troppo infantile, essendo composto da “piccoli zufoli rumorosi, che suonano acuti e a me troppo infantili” (lettera del 3 ottobre 1790 a Konstanze).

Forse, se Mozart avesse ascoltato la sua composizione eseguita all’organo, si sarebbe confortato. Quello però passava il convento; Mozart si mise come sempre al lavoro e, come spesso avveniva, buttò giù un abbozzo preparatorio: poco più di un soffio in re minore, a dir la verità. Questa falsa partenza di appena nove battute non condivide neppure la tonalità con il maestoso pezzo pronto a fine anno: vien da supporre che l’abbozzo non c’entri nulla con la Fantasia o che Mozart abbia cambiato totalmente idea sul tono, quando non sulla struttura della composizione.

Il KV 593a, per il pochissimo che si riesce a cavarne, ha un arpeggio
per incipit che ricorda alquanto le fantasie scritte all’epoca in cui Konstanze si atteggiava a consulente contrappuntistico del marito, tutte regolarmente abbandonate prima della fine. La Fantasia KV 594 segue invece tutt’altra strada, pur restando libera nella struttura, incorniciando uno spumeggiante, rigoglioso Allegro tra le braccia di un Adagio (che apre e conclude l’opera).

Curiosamente, si tratta di uno schema speculare rispetto a quello della futura Fantasia KV 608, dove il malinconico Andante con variazioni centrale segue e al contempo precede l’Allegro col quale Mozart ha messo pirotecnicamente alla prova lo strumento e l’esecutore.

Con la Fantasia KV 594 Mozart dice addio all’anno (non certo) di grazia 1790, entrando in una fase del tutto diversa, com’è noto, tutta impegni e commissioni, dai lavori di più corto respiro alle opere liriche (l’unico genere che manca, tra le composizioni di Mozart dell’ultimo anno, è quello sinfonico).

Proprio là dove, a causa della morte d’un imperatore, era sceso anzi caduto un opprimente buio musicale che aveva tarpato le ali al Così fan tutte e lasciato appena spazio a qualche rara fiammella, un anno più tardi sarebbe sorta una luce abbacinante e foriera degli ultimi capolavori che, nelle intenzioni del loro rinfrancato autore, non avrebbero dovuto costituire affatto il suo testamento, bensì il rilancio della sua attività di compositore.

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Haydn et l’italien moyen(-haut)

Pubblicato da krausmario in novembre 18, 2018
Pubblicato in: -. Tag: Beethoven, Handel, Haydn, Michael Haydn, Rohrau. Lascia un commento

Je serais tenté de faire un sondage, c’est-à-dire demander à 100 / 1000 italiens choisis au hasard s’ils connaissent ou pas (Joseph) Haydn, ne serait-ce que par ouï-dire (il serait plus que probablement superflu de leur poser la même question à propos de Mozart, Bach ou Beethoven). Je suis convaincu que seuls 10% des interlocuteurs répondrait positivement, grosso modo cette portion minuscule du peuple italien passionnée de musique classique qui va voir assidûment des concerts et des opéras. Et si je voulais être mauvais, je demanderais aux répondants de me citer du mois une mélodie du compositeur qui a écrit inconsciemment l’hymne allemand actuel (sans les informer de ce dernier détail, bien sûr).

A défaut, si jene voulais pas les embarrasser, je pourrais les inviter à mentionner les premiers cinq ou dix compositeurs qui leur viennent automatiquement à l’esprit :j’aurais ainsi de grandes chances de faire siffler les oreilles de nos auteurs d’opéras plus célèbres et, bien entendu, à la triade précitée.

Mais revenons à nos moutons: je suis aussi sûr que la pourcentage de oui décollerait si je m’aventurais à faire le même sondage en Autriche ou en Allemagne, en Grande-Bretagne ou en Hongrie, et elle serait de toute façon plus haute que la nôtre en France ou en Espagne.

Même en l’absence de données précises, il est clair que chez nous le nom de Haydn est connu des spécialistes et des fans de la musique classique, mais pas du grand public; sans parler d’un certain Michael, frère et excellent artisan (et parfois quelque chose de mieux), souvent connu des haydniens et des mozartiens acharnés à cause d’une paire de duos pour violon et alto qui ont rapproché deux vieux amis.

Il est probable que les érudits italiens aussi ignorent tout simplement le compositeur de Rohrau parce que le public non initié est intéressé surtout aux mélodies mémorables, pas aux développements élaborés du compositeur plus aimé à Londres*, qui savait tirer parti le mieux possible
même de thèmes qui n’étaient ni chair ni poisson, mis là pour le plaisir de voir si on pouvait en faire quelque chose.

* Si Haendel n’arien contre, bien entendu.

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Ancora sulla musica turca a Vienna (e due)

Pubblicato da krausmario in novembre 17, 2018
Pubblicato in: -. Tag: Bruno Gripp, Haydn, Ratto dal Serraglio, Rondò alla turca, sonate, Vienna, Zaide. Lascia un commento

Segue da questo articolo, prendendo spunto da una pagina di Bruno Gripp tratta dal blog brasiliano Euterpe.

Questa moda giunse persino a modificare le tastiere dell’epoca, applicandovi elementi percussivi azionabili per mezzo di un pedale. Secondo Gripp, non è escluso che Mozart avesse composto il finale della Sonata KV 331 pensando proprio a questa modifica dell’amato fortepiano.

Non è automatico che un’opera ambientata in Turchia fosse un pretesto sicuro per riempire l’orchestra di campanelli e percussioni assortite: nel Ratto dal Serraglio l’ouverture, due cori e un paio di gustosi passaggi affidati a Osmino fanno sfoggio di accenti fieramente turcheschi, ma il singspiel Zaide, di poco precedente e pure ambientato in un serraglio, non ha alcunché di orientaleggiante né di percussivo nei suoi quindici pezzi, neppure quando cantano i personaggi turchi dell’opera (il sultano Soliman o i suoi servo Allazim e Osmino).

Ma com’era in realtà la musica turca militare di allora? Ne possiamo ascoltare un esempio, sempre proposto da Euterpe, in questo video:

È chiaro che lo stile originale ha ben poco della sua ricca imitazione europea: la musica è modale e non si estende oltre a un intervallo di quinta, per non parlare dell’armonia (elementare rispetto a quella classica). Può darsi che una lontana memoria dei brani eseguiti dalle bande di giannizzeri abbia ispirato direttamente o indirettamente i compositori europei, ma Gripp afferma che è difficile spiegare come un genere orecchiato all’epoca dell’assedio di Vienna (1683) sia improvvisamente salito alla ribalta una novantina d’anni più tardi:

Se si eccettua l’operazione di recupero di Beethoven, che rimise mano due volte a quel genere ormai dimenticato, l’ultimo impiego importante della Janitscharenmusik nella musica classica europea lo dobbiamo a Franz Joseph Haydn (nel 1794), e fu un sussulto mica da ridere, dopo un inizio apparentemente normale. La sezione turchesca parte a 1:51:

 

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Un minuchilo e mezzo abbondante, grazie

Pubblicato da krausmario in novembre 15, 2018
Pubblicato in: -. Tag: Boskovsky, Danze, sinfonie, Tirimo. Lascia un commento

Subito dopo il grande esordio nell’ambito del Concerto per tastiera (o forse appena prima, visto che il periodo di composizione è lo stesso), Mozart torna a scrivere danze (composizioni di corto respiro che l’accompagneranno per tutta la carriera), vergando i sedici Minuetti KV 176 per orchestra, di cui abbiamo anche una versione per tastiera. Tanto curati dal loro compositore quanto neglette dalla discografia (per quanto ne so, nella versione per orchestra li ha incisi solo Willy Boskovsky), questi minuetti misuratamente festosi rappresentano una sorta di pausa rispetto all’esplosione d’estro e di libertà ammirata nell’opera precedente. Di essi, quattro sono privi di trio:

Qui, tanto per farci un’idea, possiamo sentire il primo di questi minuetti eseguito al piano. Questa versione è stata complessivamente più fortunata di quella orchestrale, nonostante debba offrire meno all’ascoltatore sotto l’aspetto timbrico.

Comunque si vogliano datare le Sinfonie KV 199 e 200, è pacifico che la KV 201, una delle più riuscite di Mozart nel genere sinfonico, è stata scritta appena quattro mesi più tardi, ossia nell’aprile del 1774, confermando il cambio di marcia impresso dal compositore alla propria musica.

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Haydn e l’italiano medio-alto

Pubblicato da krausmario in novembre 1, 2018
Pubblicato in: -. Tag: bach, Beethoven, Handel, Haydn, Michael Haydn, Rohrau. 2 commenti

Un sondaggio che vorrei tentare è questo: chiedere a 100 / 1000 italiani scelti a caso se conoscono (Joseph) Haydn, anche solo per sentito dire (sarebbe superfluo, quasi di sicuro, far loro la stessa domanda a proposito di Mozart, Bach, Beethoven). Ho la convinzione o almeno il sospetto che risponderebbe di sì solo un 10% del campione, grosso modo quella porzioncina di popolo italiano che si appassiona alla classica e frequenta più o meno assiduamente concerti e opere teatrali con accompagnamento musicale. E se volessi fare il bastaso, chiederei agli intervistati di citarmi almeno un motivo del compositore che ha scritto inconsapevolmente l’attuale inno tedesco (naturalmente senza informarli di quest’ultimo particolare).

In alternativa, se invece non volessi metterli in imbarazzo, potrei invitarli a menzionare i primi cinque-dieci compositori che vengon loro in mente, con ottime probabilità di far fischiare le orecchie ai nostri operisti più celebri e ovviamente alla triade suddetta.

Tornando al quesito originario, sono altrettanto sicuro che la percentuale dei “sì” salirebbe vertiginosamente se azzardassi lo stesso sondaggio in Austria e in Germania, in Gran Bretagna o in Ungheria, mentre in Francia o in Spagna sarebbe comunque più alta della nostra. In ogni caso, anche in mancanza di dati precisi, è palese che da noi il nome di Haydn è noto agli specialisti e agli appassionati di classica, ma non al pubblico in generale.

Non parliamo poi di un certo Michael, fratello ed eccellente artigiano (e talora anche qualcosa di meglio), di norma conosciuto solo dagli haydniani e dai mozartiani molto incalliti, per via d’un paio di duetti per violino e viola che rimisero in contatto due vecchi amici.

È probabile che anche i colti ignorino tranquillamente il compositore di Rohrau perché ai non iniziati interessano soprattutto le melodie memorabili, non gli sviluppi elaborati al massimo e al meglio delle possibilità che il compositore più amato dai londinesi* sapeva trarre da temi che spesso non eran né carne né pesce, buttati lì quasi per il gusto e la provocazione di vedere se si potesse cavarne qualcosa di proponibile.

* Se Handel non ha nulla in contrario, beninteso.

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Ancora sulla musica turca a Vienna (e uno)

Pubblicato da krausmario in ottobre 30, 2018
Pubblicato in: -. Tag: Beethoven, Bruno Gripp, concerti per violino, Gluck, Haydn, Kraus, Rondò alla turca. Lascia un commento

Per approfondire la questione del Rondò alla turca ho preso spunto da un bellissimo articolo di Bruno Gripp tratto dal blog brasiliano Euterpe. Ascoltando musica del periodo classico (fino a Beethoven compreso) ci s’imbatte talvolta in una turcheria, alias una musica debordante di acciaccature, ritmi accentuatissimi e gruppetti discendenti, a pseudo-imitazione dello stile orientale.

Com’è noto, Mozart è stato come di consueto un assimilatore più che un innovatore, e ha spesso tenuto conto delle mode per trasfigurarle e trasformarle in idee immortali: troverete turcherie in tantissimi coevi di Mozart, tra cui Gluck o Kraus, per esempio nell’opera “Solimano II o I tre sultani”, che può evocare un po’ il Ratto dal serraglio, pur sapendo molto di divertissement. Basterà l’ouverture per farsene un’idea:

Quando ascoltiamo il Beethoven turchesco delle Rovine di Atene o nel finale della Nona (come in “Froh wie seine sonnen fliegen” o nelle ultimissime scintillanti battute sulle parole “Freude, schöner Götterfunken”), pensiamo alla normale evoluzione di una moda condita con la potenza dell’orchestra beethoveniana, e invece scopriamo che il fenomenale Coro dei dervisci destò scandalo:

In realtà, come lo stesso Gripp ci avverte, Beethoven non aveva seguito una moda; l’aveva riesumata. Dopo aver furoreggiato per una ventina d’anni, ormai lo stile turco aveva fatto il suo tempo da un pezzo e nel 1795 la sua popolarità si era già esaurita, figurarsi nel 1811 o una decina d’anni più tardi. Eppure, come ci racconta l’articolo di Euterpe, le sue chiassose scorribande s’erano estese a ogni genere possibile: dalla sonata (come ben sappiamo) alle opere liriche (idem), dal concerto per violino (cfr, il rondò che funge da finale nel KV 219, o meglio il suo terzo couplet) alla sinfonia: una sorta di tempesta orientale sul Classicismo, ma solo su quello viennese. Questa moda non si espanse infatti in altre regioni.

(Continua)

 

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