Avete presente quando vi accattate quelle belle integrali dei concerti di Mozart per tastiera, con una dozzina buona di CD da staccare ed ascoltare? Ecco, qui verrete presto se non subito in contatto con i primi saggi mozartiani del genere, nello specifico coi sette concerti-pastiche o arrangiamenti di sonate d’autori noti (i figliuoli di Bach) e meno noti (tutti gli altri), degni di attenzione perché questi lavori, oltre a farci conoscere il panorama musicale ai tempi di Mozart pargolo e darci un’idea degli esempi che concorsero alla sua prima formazione, sono per la maggior parte dei casi di ottimo livello e con punte considerevoli, come vedremo. Il tutto a testimonianza del buon gusto di chi (Wolfgang o Leopold che fosse, probabilmente entrambi) scelse i brani da riadattare e arricchire con la parte orchestrale.
Qui vorrei aprire una parentesi un po’ lunghina: di fronte a rielaborazioni come queste, sarebbe facile farsi cogliere dalla sindrome del minore, secondo la quale il lavoro (originale o arrangiato) di un compositore meno noto è regolarmente migliore di quello del mostro sacro di turno (valga, quale esempio fra molti, la Marcia nel I atto dell’Idomeneo rielaborata da Kraus):
Con Mozart questa sindrome colpisce spesso i commentatori di Youtube, meno gli appassionati (pur con spiacevoli eccezioni); eppure basterebbe considerare che, se i minori spesso raggiungono vette altissime nel primo movimento di un’opera, altrettanto spesso calano alla distanza, o hanno un’ottima padronanza di un genere fra tanti senza eccellere punto negli altri, o ancora sono buoni melodisti ma deboli nell’elaborazione o nel contrappunto, e viceversa. Per fare un paragone con l’atletica, insomma, Mozart avrebbe vinto facilmente il decathlon, mentre i suoi colleghi – escluso Haydn – avrebbero magari fatto faville in una o due discipline o si sarebbero dovuti accontentare di onorevoli piazzamenti.
(1- Continua)